Il respiro e il Rebirthing

Fin dall’inizio della civiltà, il respiro è considerato come l’espressione della vitalità creatrice. Non sono rare, infatti, le leggende, i miti, le tradizioni, le concezioni filosofiche e mistiche che identificano il respiro (in senso stretto, fisico, o nella sua accezione traslata, figurata, come “vento”, “spirito”, o “soffio vitale”) con la vita.

Nei testi dell’antica Grecia, ad esempio, si narra del “Soffio creatore” che feconda la notte, e che le fa deporre l’uovo d’argento contenente il mondo intero. Nella Bibbia, nel Libro della Genesi (2,7), si legge che “l’uomo ricevette la vita nel momento in cui Dio gli soffiò nelle narici”, mentre il Corano racconta della creazione dell’uomo da fango, sperma e sangue, facendo esplicito riferimento al “Soffio Divino”. Il nesso tra respiro e vita lo si ritrova anche negli insegnamenti dei monaci erranti buddisti, i quali praticavano – e praticano ancora oggi – una respirazione intensa e circolare per raggiungere la “conoscenza della realtà del mondo parallelo”.

In svariate culture, il respiro è stato considerato come uno fra i più potenti mezzi per agire sulla consapevolezza, per portare all’autoguarigione da traumi, o per uscire da situazioni di conflitto. In tempi recenti, l’idea che la respirazione potesse essere utilizzata come tecnica di guarigione venne riscoperta dall’americano Leonard Orr, psicologo e studioso di medicina olistica. Orr, negli anni 60, riprese parte delle tecniche di respirazione del Pranayama (Yoga del respiro), disciplina che insegnava come dominare la mente con il controllo volontario della respirazione.

Orr scoprì il Rebirthing mentre era immerso in un bagno d’acqua calda. Egli praticò una respirazione “profonda e continua” che gli fece ricordare la propria nascita, portandolo a rivivere le emozioni e le sensazioni di quell’evento. Tale esperienza lo indusse a chiamare Rebirthing (in italiano traducibile in “rinascita”, “rinascere”) questo modo di respirare.

Egli ebbe modo di precisare, qualche anno più tardi, che non era però l’acqua l’elemento fondamentale nell’esperienza del Rebirthing, ma lo era invece il respiro, visto che il Rebirthing poteva essere praticato con ottimi risultati anche “a secco”.

Lo studioso definì il Rebirthing come una tecnica di respirazione “circolare e consapevole”, in quanto tra l’inspirazione e l’espirazione non vi era nessuna pausa e il respiro era un flusso continuo che la persona effettuava consapevolmente.